24 maggio 2010

Foresta d'asfalto


Nella regione amazzonica del Brasile le strade abusive sono più del doppio di quelle ufficiali. Vengono aperte sui terreni dello stato e accellerano la deforestazione.

Luciana Vicària, “Época”, Brasile, pubblicato in “Internazionale” n.686, a. 2007



Un gruppo di ricercatori brasiliani ha tracciato la prima mappa di una rete stradale fantasma che non compare in nessun documento ufficiale del paese. La cartina indica tutte le strade abusive che attraversano l'Amazzonia. Lo studio è stato realizzato dall'Istituto per l'uomo e l'ambiente in Amazzonia (Imazzon), uno dei principali centri di ricerca della regione. I risultati ottenuti rivelano l'esistenza di una rete di strade illegali due volte e mezzo più estesa di quella riconosciuta dalle autorità e fatto ancora più grave, ricavata in gran parte sui terreni dello stato. Le piste clandestine favoriscono la distruzione della foresta e l'appropriazione indebita delle sue risorse naturali, prima tra tutte il legname.
Attraverso le immagini satellitari, i ricercatori hanno individuato la presenza di un reticolato di 173.023 chilometri di strade abusive lungo i margini della foresta amazzonica. A queste bisogna aggiungere le tante diramazioni illegali lungo la strada Transamazzonica e la Br-163 che collega Cuiabà a Santarèm. Lo studio mostra inoltre che il 90 per cento della rete stradale fantasma in
Amazzonia si concentra negli stati del Mato Grosso, del Parà e di Rondônia. Il suo ritmo di crescita è impressionante: secondo alcune stime, aumenta ogni anno di 1.890 chilometri.
Le vie clandestinein terra battuta arrivano dentro le riserve ecologiche e aree indigene che fino a poco tempo fa sembravano impossibili da raggiungere. Una di queste è la Terra indegena di Baù, nel municipio di Altamira, che si trova nello stato del Parà. Negli ultimi dieci anni le imprese di legname si sono spinte sempre più all'interno della riserva per procurarsi gli alberi di mogano. La rete stradale clandestina ha avuto un impatto così forte sul territorio che nel 2003 le autorità hanno deciso di ridurre del 17 per cento l'area della riserva.
Invece la Riserva ecologica della Terra di mezzo, sono sempre nel municipio di Altamira, deve fare i conti con i grileiros, i proprietari terrieri che occupano illegalmente la foresta. Si aprono un cammino verso l'interno, dove appendono cartelli con nomi di fazendas fittizie che più tardi metteranno in vendita. Le strade abusive non hanno risparmiato neanche le aree militari, come quella di Caximbo nel sud del Parà.
In genere le strade portano l'energia elettrica nei centri abitati e il progresso, soprattutto in Brasile, dove il 56 per cento del trasporto commerciale avviene via terra. Permettono inoltre di raggiungere più faciolmente le scuole e gli ospedali. In Amazzonia, invece, provocano solo danni irreparabili all'ambiente. “Nessuno apre una strada in mezzo alla foresta perchè vuole andare a contemplare la natura”, spiega il geografo Carlos Souza jr, coordinatore dell'Imazon.
All'inizioun'impresa di legname apre una strada che parte da un'altra esistente. Grazie ai trattori, nel giro di un mese è possibile penetrare dieci chilometri all'interno della foresta. In uno o due anni vengono abbattuti tutti gli alberi più pregiati che ci sono nei paraggi. Una volta che il cammino è stato aperto, entra in scena il grileiro: prende possesso delle aree raggiunte dalla strada, le divide in lotti e prepare dei certificati di proprietà falsi. Poi vende le terre a un agricoltore, che sfrutta il terreno più che può dannaggiando irrimediabilmente l'ecosistema con le queimadas ( incendi per la rifertilizzazione del suolo). Dopo due o tre raccolti, l'agricoltore vende la proprietà a un allevatore e si sposta in un'altra terra vergine da coltivare. Il destino finale del lotto è il pascolo.

Correre il rischio
In Amazzonia distruggere la foresta (di proprietà dello stato) per occupare il territorio è un ottimo affare e il rischio di essere puniti è minimo. Quando l'Istituto brasiliano dell'ambiente e delle risorse naturali rinnovabili (Ibama) o altre organizzazioni ecologiste sono informati di un crimine ambientale, denunciano subito i responsabili. Ma prima che riescano ad ottenere il pagamento della penale a volte passano anche quattro anni. Durante questo periodo di tempo i criminali continuano a devastare la foresta, perchè i guadagni compensano il rischio di essere condannati.
Anche chi è stato costretto a pagare una penale (questo succede solo per il 12 per cento delle denunce) difficilmente sarà costretto ad abbandonare le terre occupate e a portare via il suo bestiame da un'altra parte. “Lavoro qui da otto anni e non ho mai visto nessuno restituire un terreno occupato illegalmente”, afferma Daniel Cohenca, ispettore dell'Ibama a Santarém..
La lotta per le terre occupate alimenta la violenza nella regione. Una mappa della criminalità nei municipi brasiliani diffusa di recente mostra che cinque delle dieci città con il più alto numero di omicidi si trovano nella regione amazzonica. Al primo posto c'è Colniza, nel Mato Grosso, con un indice di 165,3 morti all'anno per centomila abitanti. Secondo la commissione pastorale della terra, negli ultimi trent'anni in Amazzonia duemilapersone sono morte a causa dei conflitti fondiari.
Le strade abusive inoltre distruggono la natura. L'80 per cento del processo di deforestazione avviene entro un raggio di cinque chilometri dalle vie aperte illegalmente. I danni all'ambiente non copntribuiscono certo a migliorare la vita delle persone. L'istituto brasiliano di geografia e statistica rivela che su dieci milioni di persone che abitano nella foresta, il 70 per cento vive al disotto della soglia minima di povertà. Come Socorro e Ruimar da Cunha, che vivono in una capanna a 130 chilometri dalla città di Santarém, lungo una strada abusiva che si allaccia all'autostrada Br-163.
Socorro e Ruimar si sono conosciuti quindici anni fa. Ruimar è arrivato da Santarém insieme ai genitori, attirato dall'apertura della nuova strada. Anche Socorro è arrivata seguendo la famiglia alla ricerca di una terra da coltivare. Dopo il matrimonio hanno avuto quattro figli. Nel 2005, dopo che il bambino di sette anni è morto di polmonite, hanno deciso di andarsene. “Pioveva molto. Ci è voluto un giorno intero di viaggio per comprare le medicine e portare il piccolo dal medico”, racconta Socorro. Fernando è morto durante il tragitto. Oggi la famiglia vive barattando una parte del raccolto in cambio di combustibile, sapone e vestiti. Tra qualche giorno Socorro e Ruimar dovranno lasciare la capanna di legno in cui abitano.
Nonostante una denuncia da parte dell'Istituto nazionale per la colonizzazione e la riforma agraria, il padre di Socorro si ritiene ancora il legittimo proprietario del terreno, tanto che ha venduto il lotto a un altro agricoltore. “ Il nuovo proprietario può mandarci via da un momento all'altro”, spiega Ruimar che sta pensando di trasferirsi in una nuova strada.
Anche Natalino Lima abita in una delle tante piste clandestine che si allacciano alla Br-163. Per sopravvivere coltiva riso, fagioli e verdura. “Sono venuto fin qui per dissodare la terra del mio padrone. Per me l'unica cosa importante è che paghi bene”, spiega. Guadagna 450 reais (165 euro) al mese lavorando come custode della proprietà e ha già abbattuto tutti gli alberi che c'erano all'interno del lotto, grande come dieci campi da calcio. Il terreno sarà destinatoalla coltivazione del riso e della soia.
Natalino vive all'interno della proprietà con la moglie e il figlio in una casa di legno senza luce, e non ha idea di cosa gli riserverà il futuro. “ Qui le persone vivono alla giornata” spiega. Natalino si è già preso cura di tre lotti che si trovano lungo due diverse piste clandestine. “Prendersi cura” della terra per lui significa distruggere la foresta.
Del resto è difficile che queste persone si rendano conto di alimentare, con il loro comportamento, un sistema illegale. I m otivi sono due: innanzitutto Perchè in Amazzonia la clandestinità rappresenta la regola, in secondo luogo perchè esiste un'enorme zona grigia tra ciò che è legale e ciò che non lo è.

Economia legale
Nei primi dieci chilometri della strada che si allaccia al chilometro 101 della Br-163 arriva l'energia elettrica. Eppure si tratta di una pista abusiva che non compare in nessuna cartina ufficiale. Le persone che abitano nella zona hanno costruito una scuola e le istituzioni locali hanno mandato gli insegnanti. Il comune di Santarém, invace, è incaricato della manutenzione della strada. C'è poi un pulmino privato che ogni giorno percorre i cinquanta chilometri della pista per offrire alla popolazione un collegamento con i centri abitati più vicini. Effettua solo una corsa di andata e una ritorno, ma è in grande aiuto a tutti quelli che altrimenti dovrebbero spostarsi a piedi.
Alcune strade abusive sono state persino privatizzate. In quelle aperte più di recente, che hanno ancora pochi residenti, i fazendeiros (proprietari terrieri) pretendono un pedaggio. Chi vuole passare e avventurarsi all'interno della foresta deve identificarsi e pagare una tassa.
La mappa di questa rete stradale parallela è un documento prezioso. Per la prima volta le autorità hanno le coordinate precise di tutte le piste clandestine. “Questo significa avere anche l'indirizzodel grileiro, dell'azienda di legname che opera illegalmente e dell'agricoltore che coltiva una terra che non è sua”, spiega Carlos Souza.
Resta solo capire se le autorità sapranno usare in modo intelligente le informazioni. Ma nel frattempo cosa si può fare per interrompere la distruzione della foresta? L'aumento costante delle strade abisive dimostra che è inutile continuare a proteggere l'Amazzonia come se fosse un territorio incontaminato. Fino a oggi il governo ha cercato di risolvere il problema creando delle aree protette. Una strategia del genere, però, non riesce a tamponare i disastri provocati dalla deforestazione in corso. Chi sta aprendo un pista clandestina può proseguire indisturbato. Una soluzione alternativa potrebbe offrirla la legge per le concessioni forestali approvata dal geoverno nel 2006. L'obbietivo del provvedimento è permettere alle imprese del legname di ottenere delle concessioni per sfruttare in modo duraturo le foreste pubbliche.
“Finalmente il governo ha capito che l'unico modo per mantenere in vita la foresta è creando un'economia legale”, spiega Paulo Adàrio, coordinatore di Greenpeace Amazzonia.
Non resta che dare le prime concessioni. Speriamo che sia la strada giusta da percorrere.

Nessun commento:

Posta un commento